Perché si dice “scemo di guerra” e quando si usa quest’espressione?

Il significato dell’espressione “scemo di guerra”, che spesso usiamo con leggerezza, è davvero drammatico.

In linea generale viene utilizzata per indicare il comportamento irrazionale, irrequieto e spesso completamente fuori controllo di una persona che non si comporta come un individuo normale, dotato di razionalità e di controllo sulle proprie azioni.

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(Canva)

Quest’espressione è molto radicata nella nostra lingua di uso comune. Significa che la utilizziamo senza problemi, spesso in modo molto scherzoso, rivolgendoci a un amico o a qualcuno con cui siamo in confidenza.

In alternativa, può essere utilizzata in maniera molto offensiva per indicare una persona dalle dubbie o addirittura scarse capacità mentale.

Spesso viene addirittura confusa con l’espressione molto simile – ma dal significato molto diverso – “fare lo scemo per non andare in guerra”.

Quest’ultima frase si riferisce al fatto che, quando la leva nell’esercito era obbligatoria, molti giovani facevano finta di avere disturbi mentali per non diventare soldati, non prendere parte alla guerra e quindi per salvarsi la guerra.

Purtroppo la spiegazione dell’altra espressione è molto più amara.

Qual è il significato dell’espressione “scemo di guerra”?

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(collage di foto dal web)

Se chi “fa lo scemo per non andare in guerra” sta fingendo dei sintomi, ma in realtà sta benissimo a livello mentale, per i veri “scemi di guerra” non era così.

Quest’espressione è nata e si è diffusa oltre un secolo fa in Europa, durante la Prima Guerra Mondiale.  La Prima Guerra Mondiale distrusse completamente una generazione di Europei, che morirono a milioni nelle trincee.

Coloro che sopravvissero alle trincee ed ebbero la fortuna di tornare a casa, però, spesso manifestavano dei sintomi psicologici anche molto gravi che si manifestavano in comportamenti facilmente riconoscibili.

I cosiddetti scemi di guerra avevano lo sguardo perduto nel vuoto, le pupille piccolissime e spesso un orribile ghigno sempre sulla faccia, come se fossero rimasti paralizzati in quella posizione.

Quando tornavano a casa spesso gli ex soldati soffrivano di allucinazioni, soffrivano di incubi terribili e in pratica ogni giorno rivivevano le terribili esperienze della guerra.

A causa di questi gravissimi problemi non riuscivano e tornare normalmente alla vita quotidiana e spesso, per stordirsi e dimenticare l’orrore che avevano vissuto, ricorrevano all’alcool peggiorando ancora di più la propria salute mentale.

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I reduci di guerra che manifestavano tutti questi problemi, tra cui addirittura difficoltà a parlare, a respirare e a muoversi normalmente, venivano discriminati dal resto della popolazione. 

Non si riconosceva infatti la gravità del loro trauma, che oggi i medici definiscono e curano come disturbo da stress post traumatico e si liquidava la cosa con un’espressione dispregiativa.

In realtà questo atteggiamento era molto diffuso anche tra i medici che avrebbero dovuto aver cura della salute dei soldati. Anziché riconoscere il gravissimo problema di questi giovani, i medici e i governi preferivano accusarli di fingere i sintomi e si rifiutavano di rimandarli a casa.

Se “fare lo scemo per non andare in guerra” significa in qualche modo essere particolarmente furbo, essere uno “scemo di guerra” ha quindi un significato molto diverso. Per questo motivo forse dovremmo smettere di usare quest’espressione per rispetto di coloro che oltre 100 anni fa non persero la vita ma sacrificarono completamente la propria salute mentale.

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