Quando Dio imparò a scrivere è troppo complesso? Il finale spiegato semplicemente

Quando Dio imparò a scrivere (titolo originale: Los renglones torcidos de Dios) è il complicatissimo thriller psicologico di Netflix.

Il film spagnolo del 2022, diretto da Oriol Paulo, è disponibile già da qualche giorno su Netflix.

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Quando Dio imparò a scrivere (fonte: Netflix)

In tanti sul web stanno parlando del film, affascinati o esasperati dalla trama. Il film, scritto da Oriol Paulo e Guillem Clua con la collaborazione di Lara Sendim, riprende la trama di un romanzo del 1979 di Torcuato Luca de Tena.

La storia segue le indagini di Alice Gould (interpretata da Bárbara Lennie), una donna che entra in un reparto psichiatrico, apparentemente come paziente, per scoprire il misterioso assissino che ha commesso un omicidio nella struttura.

Il problema con il film Quando Dio imparò a scrivere è che l’intreccio è così intricato da renderlo uno dei thriller più frustranti o, al contrario, eccitanti degli ultimi tempi. Gli spettatori non riescono infatti bene a capire se la protagonista è sana di mente o completamente matta. L’idea non è certo nuova, ma il film spagnolo spinge l’intuizione alle estreme conseguenze rendendo anche il finale difficile da interpretare.

Il complesso finale di Quando Dio imparò a scrivere va dunque spiegato. Come succede spesso nei thriller contemporanei, il film sceglie la strada delle suggestioni e del non detto, lasciando diverse domande irrisolte.

Quando Dio imparò a scrivere: spiegazione del finale

Perché Alice, donna bella, ricca e apparentemente felice, si dedica alla professione di detective privato? E perché si è fatta rinchiudere in un manicomio per svolgere delle indagini? Il dottor Raimundo García del Olmo dovrebbe averla assunta per risolvere il caso della morte di suo figlio, Damian, che si trovava ricoverato proprio nella struttura. Sia Alice che Raimundo non credono che il ragazzo si sia suicidato.

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Thriller su Netflix (fonte: Netflix)

Ma in manicomio Alice viene riconosciuta davvero come una paziente schizofrenica. E così la donna comincia a pensare di essere stata incastrata. Dietro la figura di Raimundo forse ci celava qualcun altro…

Alla fine c’è anche un altro scambio di persona. E per capire bene il finale bisogna riconsiderare alcune scene iniziali. Il film, infatti, è pieno di flashback e di flashforward. La scena della notte dell’incendio non dice nulla sulla morte del figlio di García del Olmo ma è un’anticipazione di quanto succederà ad Alice durante la sua tentata fuga dalla struttura.

Alice farà scoppiare un incendio per scappare; intanto, però, all’interno della struttura si consumerà un altro omicidio… Romulo, uno dei due gemelli (l’altro si chiama Remo) con cui la donna aveva stretto amicizia, perderà la vita. Per capire cosa succede, Alice si fingerà un medico legale e analizzerà il corpo.

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Alice incontrerà poi il gemello vivente e verrà fuori che quello morto in realtà era Remo. Finalmente i dottori libereranno Alice. E la donna capirà che Donadío è l’uomo che lei aveva creduto García del Olmo.

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